Silvina Batista vive in una trasformazione permanente, e questo si vede chiaramente nel suo lavoro "Autoritratti", dalla fine del 2019 la sua introspezione si è intensificata per trovare il modello ideale, cioè se stessa.
Il suo lavoro è grezzo, è ruvido, è profondo, l'oscurità è spesso il punto di partenza, la solitudine, la pelle, i desideri nascosti ... Un giardino incantato, specchi ...
La sua casa, il suo giardino, la sua storia è sempre presente, non dimentica, sente e sputa
Più volte Silvina cita Francesca Woodman come ispirazione per il suo lavoro, penso che ci sia un inizio in questi autoritratti, un riferimento che poi cessa di essere Woodman per essere un'autentica Batista, lei non generalizza più le paure, le rende carne, e con ogni Si può dire che c'è anche un bisogno di mostrare il mondo come è, come sono il suo corpo e la sua anima, e questo per gli artisti è parte della loro "guarigione"
Qui non ci sono sottigliezze, qui c'è frontalità, c'è un dire le cose di petto, ci sono urla in ogni immagine, c'è una ricerca di salvezza, di riconoscimento.
Possiamo dividere queste serie in 3 parti, sempre con una fotografia digitale che in qualche modo simula di essere analogica, oppure questo lavoro è tecnicamente affrontato con uno o due scatti al massimo, con un lavoro come nei tempi antichi, prima dell'era digitale, come Essere lavorando su pellicola, il formato quadrato, come un medio formato 6 x 6 mm, danno alla serie una certa classicità.
Una prima che riunisce la maggior parte di loro, con un attento bianco e nero e una certa irriverenza contro i modi di composizione standard, Silvina si spoglia della sua pelle, e mostra le sue viscere, nei momenti di reclusione, di pandemia che riesce a trovare, ispeziona oltre il suo stesso corpo, ri-conoscendosi.
Nella fase successiva il colore, sottile, come timido, riesce ad essere aggressivo e forte, a dire presente, c'è vita, c'è rinascita, si dipingono certe cose, certi momenti, c'è un misto di surrealismo, di irreale, sempre in ogni immagine di ogni serie
E l'ultima tappa è un Batista che trasforma una realtà in un'altra storia con doppie esposizioni, si integra con il contesto, con le forme che la circondano, si dispiega come se fosse in due posti allo stesso tempo, Silvina è già un tutto.
La conoscenza di sé è essenziale per poter riflettere sull'esterno, "cerco fuori quello che ho dentro"