Basandosi su un diversivo per le insolite giornate piovose dell'estate ginevrina del 1816, Mary Shelley tardò a elaborare la sua storia di materia inanimata resa animata. Ma, incoraggiata dal marito Shelley e da Lord Byron, alla fine produsse le ossa di "Frankenstein". Il romanzo nacque come una gara tra amici e amanti per vincere la noia di una vacanza noiosa. Alla fine, l'autrice lo trasformò in un'opera classica sulla responsabilità che dobbiamo assumerci per ciò che creiamo (dalle macchine alle circostanze politiche, sociali ed emotive). L'opera affronta anche la necessità di agire in armonia con la natura, una forza benevola o brutale a seconda della nostra interazione con essa.
Il titolo "(I)mportant to feed our creations" si ispira anche al lavoro di A. Curran, R. Rothwell e R. Westall, i cui ritratti di Mary Shelley, Percy Shelley e Lord Byron fanno parte della collezione della National Portrait Gallery (Londra).
Il concetto chiave di questa composizione di Skyler è che Shelley avrebbe potuto facilmente rinunciare alla sua idea di "mostro", ma invece, a differenza del dottor Frankenstein, non la trascurò. Al contrario, l'ha nutrita fino a farla diventare un'opera importante. Gli artisti e gli scienziati devono fare lo stesso con le nostre idee più insolite e audaci. Devono portarle al massimo del loro potenziale, assumendosi la responsabilità delle loro possibili conseguenze.